Materiali compositi

Quando due o più materiali vengono mescolati assieme, il materiale composito risultante ha molto spesso proprietà fisiche che sono considerevolmente diverse dalle proprietà dei singoli costituenti.

Molti prodotti tessili tecnici si presentano sotto forma di materiali compositi tessili, che consistono di due o più materiali di diversa natura, collegati tra di loro per adesione o coesione (mediante un terzo materiale).

Tipiche loro forme di presentazione sono:

  • i compositi stratificati (superfici spalmate od accoppiate, laminati);
  • i compositi a matrice (es. nontessuti coesionati con un legante).

Sotto il profilo della struttura, oltre ai tessili spalmati (supporti tessili, superficie o substrato in plastica) meritano considerazione le sostanze plastiche a contenuto tessile (supporto in plastica, strato esterno in materiale tessile). I componenti sono collegati tra di loro di solito per adesione (metodo tipico per i prodotti leganti).

Si hanno poi le strutture composite: una struttura composita flessibile o rigida è formata da un substrato in tessuto di fibre impregnate e protette da una matrice polimerica flessibile o rigida.

Le strutture di rinforzo

  • Tessuti
    • Tessuti unidirezionali; sono utilizzati dei trefoli di fibre orientate in un’unica direzione ed allineate su di un piano.
    • Tessuti intrecciati convenzionali; la maggior parte dei tessuti più comunemente utilizzati sono intrecci convenzionali di trefoli di filamenti. La struttura intrecciata blocca i filamenti dell’ordito e della trama. I filamenti della trama e dell’ordito non sono completamente distesi ma, nel sovrapporsi alternativamente, si incurvano aumentando la deformabilità finale del tessuto.
  • Tessuti ad intreccio piano e mat
    • Un intreccio piano viene utilizzato per tessuti da impregnare e ricoprire con una matrice polimerica al fine di eliminare l’incurvamento dei filamenti fuori dal piano del laminato e di ottenere un materiale con proprietà elastiche più uniformi.
    • In questo tipo di struttura, i filamenti della trama sono solo appoggiati su quelli dell’ordito (non intrecciati con essi) e vengono successivamente cuciti fra loro con un filamento molto leggero.
    • Le fibre possono essere disposte in modo ordinato (tese ed allineate) o disordinato (curve e non allineate come nei mat). In questo caso, d’altra parte, è difficile prevedere quali possano essere le caratteristiche meccaniche del risultante materiale.
  • Tessuti ad intreccio su più assi
    • L’uso di tessuti multiassiali è finalizzato all’ottenimento di una maggiore resistenza allo strappo ed agli sforzi di taglio.
    • Un esempio di tessuto intrecciato su più assi è quello triassiale nel quale i filamenti sono intrecciati con angoli di circa 60 °.

I materiali impiegati nei rinforzi fibrosi

I materiali utilizzati per produrre filamenti particolarmente resistenti alla trazione ed al cedimento plastico sono sia polimerici che inorganici. Fra i materiali tradizionali più comunemente impiegati vi sono le poliammidi, le poliestere, le fibre meta aramidiche e le fibre di vetro, mentre tra i materiali ad alte prestazioni recentemente sviluppati vi sono le fibre para aramidiche, le fibre di carbonio, le fibre ad alto modulo di polietilene e di poli-eter-eter-chetone (PEEK). Questi materiali si differenziano per le loro diverse caratteristiche elastiche e per le caratteristiche di resistenza ambientale ed al cedimento plastico.

Fibre di vetro

Per la loro resistenza in trazione ed allo strappo, l’alto modulo e stabilità dimensionale, le fibre di vetro sono utilizzate già da molti anni per la produzione di tessuti e materiali di rinforzo per compositi. Esse sono ottenute per filatura a caldo di vetri di composizione opportuna (generalmente degli allumino-boro silicati) in funzione del tipo di applicazione e dell’ambiente in cui dovrà operare. I tipi di vetro comunemente usati per fibre sono il tipo E ed il tipo S, con densità di circa 2,6 g/cm3, con moduli elastici di circa 80 e 90 GPa e resistenze a rottura di 3,5 e 4,5 GPa, rispettivamente.

Per ottenere dei compositi di buone caratteristiche sotto sforzo, l’allungamento a rottura della fibra (3 e 6% per molti compositi) deve essere minore e la rigidezza maggiore di quella della matrice. Il trasferimento degli sforzi dalla matrice alla fibra viene migliorato con l’ausilio di rivestimenti chimici.

Questi agenti di accoppiamento possono migliorare di molto le caratteristiche meccaniche del risultante composito.

Fibre di carbonio

Le fibre di carbonio sono sottili filamenti composti di carbonio elementare con strutture che variano da quelle del carbonio amorfo a quelle della grafite cristallina. Queste fibre possiedono proprietà chimiche e fisiche molto variabili: per quanto riguarda il modulo di elasticità o rigidità, per esempio, esso varia da circa 35 GPa, che è metà di quello delle fibre di vetro o dell’alluminio, fino a 700 GPa, più di tre volte quello dell’acciaio. Poiché la densità del carbonio è bassa, la rigidità specifica è molto alta.

Le fibre di carbonio conservano le caratteristiche elettriche, termiche e chimiche del carbonio e vengono utilizzate spesso come rinforzo per compositi polimerici rigidi. Generalmente la deformabilità e la resistenza meccanica non aumentano di pari passo con l’aumentare della rigidezza: per specifiche applicazioni dove sono richieste contemporaneamente doti di alta resistenza e di alta rigidezza bisogna scegliere rinforzi fibrosi dove vengano bilanciate queste due caratteristiche. Con le attuali tecnologie di produzione, la maggiore resistenza è ottenuta per fibre con rigidezze comprese fra 210 e 300 GPa.

Poliammidi

Uno dei primi materiali polimerici prodotti è stato proprio il filamento di Nylon, una poliammide ottenuta per policondensazione di diammine ed acidi dicarbossilici che possono essere lineari o con contenuto di gruppi aromatici fino all’85% in peso (per contenuti di aromatici nella struttura ripetitiva superiori all’85% si parla di aramidi). Il Nylon 6/6, per esempio, è ottenuto da una diammina ed un acido dicarbossilico lineari con 6 atomi di carbonio. La reazione tra ammina ed acido produce l’ammide (NH-CO) che caratterizza questa classe di materiali. Questa macromolecola è molto flessibile, è in grado di ruotare su ogni legame e produce fibrille di polimero allineate con zone amorfe e cristalliti orientati nella direzione dello stiro. Il Nylon presenta una grossa affinità per l’acqua e la sua resistenza alle radiazioni ultraviolette non è molto alta ma, se opportunamente protetto da un idoneo rivestimento, può raggiungere un’accettabile resistenza ambientale. Comunque, a causa del suo basso modulo di elasticità (circa 5 GPa), della tendenza al cedimento plastico sotto carico e delle variazioni dimensionali indotte dall’assorbimento di acqua (allungamenti delle fibre in ambienti umidi ed accorciamenti in ambienti secchi) rende questo materiale problematico per le applicazioni dove il pretensionamento del tessuto e la stabilità dimensionale sono critici. La resistenza di questa fibra varia tra 500 e 700 MPa, ma, come anche il modulo elastico, viene significativamente ridotta in presenza di umidità assorbita.

Poliestere

Le fibre in poliestere sono ottenute per filatura di un polimero aromatico ottenuto per policondensazione dell’acido tereftalico e di un dialcool (glicole). Il poliestere più comunemente utilizzato è il Polietilentereftalato (PET). La struttura delle fibre orientate è simile a quella delle poliammidi. Il polestere contiene un anello aromatico che lo rende meno flessibile delle macromolecole poliammidiche. Le fibre di PET, infatti, sono caratterizzate da un modulo elastico più alto, circa 18 GPa, e da resistenza a rottura simile a quella del Nylon.

L’estensibilità, al pari del modulo elastico, comunque, dipende molto dal livello di orientazione indotto dal processo di filatura.

La resistenza alle radiazioni ultraviolette di queste fibre è molto alta e la loro sensibilità verso l’umidità ed al cedimento plastico molto bassa.

Queste caratteristiche le rendono adatte alle applicazioni dove sono richieste buone caratteristiche di stabilità dimensionale. La stabilità dimensionale può essere ulteriormente migliorata con trattamenti termici di ricottura delle fibre sottoposte a trazione.

Aramidiche

Le poliammidi aromatiche con contenuto di gruppi aromatici superiore all’85% vengono indicate come aramidiche. Le prime fibre aramidiche sono state prodotte negli anni ’60 e sono quelle a base di Poli-fenilendiammina-isoftalammide commercializzate come Nomex. Questa fibra è adatta alle applicazioni dove sono richieste alte resistenze al calore. Presenta un modulo elastico comparabile a quello del poliestere ma meno variabile con la temperatura. Queste fibre vengono ottenute direttamente dal processo di polimerizzazione in quanto non possono essere fuse neanche a temperature superiori ai 400 °C. Il polimero, infatti, degrada prima ancora di fondere.

Sono state poi sintetizzate fibre poliammidiche aromatiche con elevatissime caratteristiche meccaniche ottenute per filatura umida di una soluzione liquido-cristallina di p-fenilendiammina e cloruro tereftalico polimerizzata in acido solforico: il Kevlar.

In funzione delle caratteristiche dei monomeri (per esempio la lunghezza della diammina aromatica) possono essere ottenuti polimeri aramidici con diverse caratteristiche meccaniche. Fra i più comuni vi sono il Kevlar 29 e 49. Il modulo elastico del Kevlar 49 è di 135 GPa e la resistenza a rottura di 3,6 GPa: questo materiale risulta così 5 volte più resistente di un filo di acciaio di pari peso in quanto la sua tendenza è di solo 1,4 g/cm3. La struttura altamente anisotropa di queste fibre aramidiche le rende, comunque, molto deboli nelle altre direzioni ed adatte solo ad applicazioni dove siano presenti solo carichi di trazione.

La loro resistenza a compressione, infatti, è bassissima. D’altra parte, le stesse cause che impartiscono bassa resistenza a compressione sono anche quelle che inducono un’altissima tenacità a questo materiale (le fibre aramidiche vengono utilizzate per produrre strutture ad alta resistenza all’impatto come, per esempio, quelle antiproiettile). Il cedimento di questi materiali è sempre fibrillare in trazione e, quando soggette a flessione, hanno un cedimento plastico della zona in compressione che permette lo spostamento dell’asse neutro, non facendo raggiungere il limite di rottura nella zona in trazione ed aumentando quindi la capacità della fibra di deformarsi. L’alta tenacità caratteristica di queste fibre aramidiche, quindi, ne consiglia l’uso in applicazioni dove sono richieste alte resistenze all’impatto.

Nuove formulazioni denominate come Kevlar 149 sono in studio e si prevede che possano raggiungere moduli elastici di circa 190 GPa e resistenze alla trazione di 3-4 GPa. I materiali compositi rinforzati con fibre aramidiche presentano notevoli inconvenienti nelle lavorazioni meccaniche.

Fibre di polietilene ad alto modulo

Le fibre di polietilene ad alto modulo sono ottenute per estrusione allo stato solido di polietilene ad alta densità in condizioni tali da convertire i segmenti polimerici disordinati in barre fortemente estese. Questa struttura molecolare permette il raggiungimento di moduli elastici molto alti e vicini a quelli teorici delle macromolecole orientate. In particolare, si raggiungono moduli di 170 GPa e resistenze di 2 GPa in un materiale di densità molto bassa, 0,97 g/cm3. La sua resistenza specifica, quindi, può risultare anche più alta di quella delle fibre aramidiche più avanzate. Trattandosi di macromolecole poliolefiniche, comunque, l’adesione a matrici polimeriche di tipo diverso può essere molto scadente.

Ibridi

Con questo termine si identificano gli accoppiamenti di diversi tipi di fibre finalizzati al bilanciamento di alcune caratteristiche o debolezze dei singoli materiali.

Esempi frequenti sono quelli in cui vengono tessuti assieme fibre di carbonio (molto fragili ma rigidissime) con le più duttili fibre di vetro.

Allo stesso modo, al fine di migliorare la resistenza all’impatto vengono utilizzati degli ibridi con fibre di aramidiche e vetro o aramidiche e carbonio. I possibili tipi di accoppiamenti, comunque, sono molteplici e possono essere mirati a specifiche condizioni di carico ed ambientali.



Questo articolo è pubblicato sulla rivista NT Nuovi Tessili , consulta il sommario.